Armata del biglietto che consente l’entrata per due giorni consecutivi, entro dal Varco Ster verso la via Labicana per visitare il Colosseo e la sua Arena.
Per quanto sembri strano perfino a me,
non è stato il primo tra i luoghi che ho programmato di visitare, da quando Roma è diventata il mio grande quaderno di appunti.
Forse sarà perché, in fondo, l’idea è che … è sempre lì,
bello grande,
con le sue file infinite di aspiranti visitatori, e i nugoli di aspiranti “guide” che ti offrono visite guidate con salto della coda incluso.
Decido di avventurarmi proprio in questi giorni,
che prevede due entrate in due giorni diversi (uno dietro l’altro) e visita guidata all’Arena, perchè voglio vedere la mostra
che durerà fino alla fine di marzo di questo 2020.
Così, una mezzora prima dell’orario che ho scelto (le 14,10) eccomi nel piazzale, alla ricerca del
dove il biglietto che porto orgogliosamente in tasca dice che mi devo recare – ma che non ho idea di dove sia.
Non immediatamente, ma lo trovo, il Varco Stern: è
in pratica diametralmente opposto rispetto all’entrata che si trova uscendo dalla Metro (B).
Scoprirò al mio ritorno al computer che il Varco, detto anche Sperone, è intitolato a
architetto vissuto a cavallo tra il 1700 ed il 1800, che insieme con altri due colleghi, realizzò nel 1807 l’opera di consolidamento dell’arcata.
Il risultato vale sicuramente l’onore della menzione; l’operazione infatti, con la sua tamponatura – appunto, lo sperone – riesce a mantenere visivamente l’idea del crollo appena scongiurato.
Così, dato che devo passare una mezzora, vado a trovare
ai quali dedicherò un prossimo post.
Poi, l’orario prestabilito finalmente arriva!
E così, eccomi dentro… con tutti i film, le letture, le leggende, che mi si mettono in fila dietro le spalle, in attesa del momento giusto per farmi sentire come se, invece che al Colosseo, mi trovassi
Che nacque, ovviamente ben prima della lapide che celebra il restauro voluto da l papa Pio IX nel 1852, per restituire in questo modo alla città una parte della gigantesca villa di Nerone.
La Domus Aurea, infatti, era la reggia che
si fece costruire dopo che il famoso incendio del 64 d.C. aveva distrutto gran parte di Roma.
C’erano più edifici, giardini, boschi, vigne ed
Proprio lì, utilizzando quello che era stato il suo bacino, Vespasiano fece costruire nel 70 d.C. quello che oggi chiamiamo il Colosseo.
La costruzione venne realizzata in modo da rendere possibile l’uso dell’anfiteatro come sede di naomachie, battaglie navali.
Quando Domiziano terminò l’edificazione dell’anfiteatro, però, fece costruire i sotterranei in muratura, e le neumachie diventarono un ricordo del passato.
Oggi, all’interno sono visibili i resti dei macchinari che permettevano ai gladiatori e alle belve di raggiungere, comparendovi improvvisi come miraggi, l’arena dove prima o poi avrebbero lasciato la vita.
Al suo interno, gli spettatori si disponevano più o meno come nei teatri:
le prime file, rivestite in marmo, per i senatori; seguivano quelle per i cavalieri e poi, sempre più in alto, i posti per il popolo, e ancora più su, quelli per gli schiavi, le donne e coloro che erano privi della cittadinanza romana.
Per garantire agli spettatori la necessaria protezione dalla pioggia o dal troppo calore, l’Anfiteatro era dotato di un sistema,
che permetteva la copertura della platea mediante veli di canapa.
Spettacolare, tutto, certo.
Però l’impressione che mi rimane è che in questa meravigliosa arena lo
degli imperatori dal popolo, che Nerone aveva espressamente dichiarato con la sua Domus gigantesca, continui a farla da padrone.
Intendiamoci, per favore: il Colosseo è fantastico, è il simbolo di questa città fantastica che è Roma, la sua silhouette pende dal braccialettino che ho comprato allo shop al suo interno e che non ho più tolto, io lo amo e non sono capace di passarci davanti senza fotografarlo.
Ma dentro, l’ammirazione per chi l’ha costruito non riesce a superare il pensiero dell’uso della violenza per distrarre i sudditi dai loro problemi.
E certo, i tempi erano crudeli e comunque non possono essere giudicati con il metro che usiamo, o che dovremmo usare, oggi, duemila anni dopo.
Ma entrando nell’Arena non posso fare a meno di ricordarmi quel che diceva Giovanale, vissuto tra il 50 e il 127 d.C. e dunque proprio all’epoca della costruzione dell’Anfiteatro:
per significare il sistema ormai in uso di “distrarre” i governati dalle situazioni difficili offrendo loro
e
a sufficienza per raggiungere lo scopo.
Era dunque la nascita, o forse solo la elevazione a sistema, della demagogia, male da cui c’è ragione di temere che non siamo ancora stati vaccinati…
Così, a pensarci un pò, potremmo imparare dal Colosseo e da quella che fu la ragione per cui fu edificato qualcosa che potrebbe valere la pena di voler imparare ad evitare.
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