15 minuti a piedi da Lepanto (Metro A) passando per Piazza dei Quiriti ed ecco il Mausoleo di Adriano come è oggi. La mia visita a Castel Sant’Angelo (sosta al bar Le Terrazze compresa)
Fine gennaio, udienza finita, in ritardo ma non troppo.
Giornata primaverile e insomma…
il mio raffreddore è davvero devastante (come tutti i miei raffreddori), ma non abbastanza per costringermi ad abbandonare il programma…
…e la borsa da lavoro non pesa così tanto, in fondo!!
Così, mi incammino.
Passo per la
(anche se allungo un pò) perché la sua
mi incuriosisce sempre…
Sembra che la nudità un pò urlata delle quattro “Cariatidi” abbia causato l’allontanamento dalla carica del governatore che la commissionò, nel 1928, allo scultore triestino Attilio Selva.
Ma non ho fatto verifiche, rimandandole a quando mi studierò anche la
che sembra voler vegliare sulla sua estetica ribelle guardandola con la coda dell’occhio…
Dunque arrivo: attraverso
nato negli anni 30 del secolo scorso: in rete c’è un interessante spezzone dei festeggiamenti per i lavori.
Ai tempi in cui fu costruita la
qui c’era una vastissima area cimiteriale, con monumenti funebri dell’epoca tardo repubblicana;
in epoca imperiale, vi comparvero la Villa di Agrippina e il Circo di Caligola
… come è risultato in occasione della costruzione del parcheggio interrato di piazza Cavour…
e forse anche una piramide, simile a quella di Gaio Cestio, che si chiamava
oltre a un misterioso
un mausoleo del quale ho potuto scoprire solo che venne
in occasione della realizzazione del pavimento del quadriportico della basilica di San Pietro, nella sua versione costantiniana.
Insomma, come sempre a Roma, sto camminando in verticale su millenni di storia – e di idee
– e ci sarebbe da raccontare anche quella delle opere volte a tenere in riga il Tevere che i suoi argini li ha sempre tenuti “a gran dispitto” come Farinata degli Uberti teneva l’Inferno, secondo Dante…
ma non c’è tempo, ormai sono arrivata all’entrata del Museo.
Che, fortunatamente, non è un museo come quello che ci si potrebbe aspettare:
lasciando che i molti cambi che la sua destinazione d’uso ha conosciuto in due millenni ti entrino nella memoria, risveglino i ricordi di cose imparate da ragazzini, e solo alla fine,
ti permettano di riordinare la sua storia man mano che i tuoi passi vanno avanti.
Insieme con me, melomane che con Puccini Verdi Mascagni ci ho fatto colazione pranzo e cena tutti gli anni della mia adolescenza, c’è
la protagonista del drammone di sapore libertario scritto da Victorien Sardou amico di Sarah Bernahardt, e musicato da Giacomo Puccini su libretto di Illica e Giacosa.
E’ infatti in questo palazzo, tornato sede della polizia del Papa del 1800, che giunge al culmine il dramma con il duplice assassino:
del perfido Barone Scarpia, nelle stanze del Palazzo, per mano di Tosca che così sfugge al desiderio arrogante dell’uomo;
e del pittore Mario Cavaradossi, compagno di Tosca e simpatizzante della ormai decaduta
Repubblica Romana portata dai Francesi di Napoleone nel 1798.
Mario verrà fucilato sulla terrazza per ordine di Scarpia capo della polizia,
e dalla stessa terrazza, malata di quell’amore disperato raccontato in musica anche da Lucio Dalla, Floria si getterà nel vuoto,
resasi conto della morte di Mario e della menzogna di Scarpia che invece aveva promesso salvezza in cambio delle attenzioni della donna.
Entriamo, insieme dunque, Floria ed io, entrambe cercando il ricordo delle ambientazioni teatrali dell’opera di Puccini, per trovare la traccia della storia inventata…
Subito dopo l’entrata, siamo nel primo dei sette livelli di Castel Sant’Angelo, e attraversiamo l’Ambulacro di Bonifacio IX (papa Tomacelli, 1389-1404), sotto lo sguardo dei frammenti di statue nate per decorare la Mole di Adriano.
Ora, costeggiato l’inizio della Cordonata di Paolo III – nata nel 1545 per garantire al padrone di casa un accesso più sicuro di quello antico del Mausoleo –
ci aspetta la rampa che conduce ai Bastioni, il secondo livello di Castel Sant’Angelo.
I fori che si vedono bene nel muro “romano” sono la traccia delle numerose grappe metalliche poste a sostegno delle lastre in marmo che rivestivano tutte le pareti.
Da qui, come dalla Rampa elicoidale, passavano le processioni funebri ai tempi in cui il Castello era il monumento funebre e il sepolcro di Adriano, e di tutti gli imperatori (Antonini e Severi) che gli succedettero, fino a Caracalla (217 d.C.).
E coì arriviamo al livello dei bastioni: il salto, da vertigine, è di mille e trecento anni…
I bastioni vennero infatti fatti costruire tra il 1447 ed il 1455, con lo scopo di mantenere e rafforzare la funzione difensiva del Castello alle armi da fuoco da poco entrate in voga.
Curiosamente – o forse meglio sarebbe dire: in maniera un pò sinistra – chiamati con i nomi dei quattro evangelisti, i bastioni di Castel Sant’Angelo vennero rinforzati, adeguati alle necessità di difesa e resi sempre più idonei alla difesa armata più volte tra il 1400 ed il 1600.
il Bastione di San Marco, però, ci riporta indietro di un paio di secoli: qui arriva, fin dalla fine del XIII secolo, il cosiddetto
ossia un percorso protetto ed ovviamente non pubblico che metteva in collegamento la residenza papale in Vaticano con il più sicuro Castel Sant’Angelo.
I bastioni, Floria, li conosce bene: nel 1800 il Castel Sant’Angelo era la questura della polizia del papa, ed il Barone Scarpia vi era, ovviamente, di casa.
Mentre proseguiamo la salita nelle rampe, sulla nostra testa si apre un quadrato di luce…
… la luce che arriva dal livello superiore, dove era stata scavata una botola, utile a rendere ancor più difficile la vita a chi, non invitato, avesse voluto penetrare la fortezza.
Con la sensazione spiacevole che si prova a vedere qualcossa di molto bello usato per scopi decisamente aggressivi e violenti, Floria ed io saltiamo il terzo livello, quello delle prigioni storiche, per approdare al
da dove ha inizio il quarto livello.
L’angelo (prima metà del 1500) è il primo che venne installato in cima al Castello: quello che vediamo oggi, infatti, è il suo sostituto in bronzo, della fine del 1700.
Dato uno sguardo al biondo Tevere che scorre qui sotto
è il momento di una pausa.
E a questo scopo, il bar “Le Terrazze” è proprio quanto di meglio si possa desiderare!
Meraviglioso starsene all’aria aperta a ripensare a quel che si è visto, e ancora si vedrà
mentre, all’interno, il locale è simpatico, pieno di foto di personaggi famosi che sono passati di qui, e decisamente piacevole.
Avremmo mille cose ancora da vedere a questo livello, ma, data un’occhiata (troppo) veloce alla
Loggia di Paolo III
saliamo al terrazzo.
E davvero le parole non bastano, bisogna esserci, e vedere… tutta Roma.
Floria Tosca mi guarda.
Ed io guardo lei: ma come avrebbe potuto fare a lanciarsi nel vuoto da qui?
Rientro, ormai un pò stanca e sentendomi come se avessi finito lo spazio per incorporare emozioni, ricordi, pensieri.
Mi aspettano le sontuose stanze dei papi che si sono succeduti al comando di Roma e dello Stato Pontificio…
… e non posso impedirmi di pensare che chi ha permesso (e forse richiesto) che questo luogo venisse così tano “personalizzato” con il suo nome
è anche colui che ha istituito l’Inquisizione in Italia.
Ma l’angelo, sul tetto, rinfodera la sua spada, dopo aver vonto la battaglia contro la peste, per cui era stato invocato.
Ed anche io, prendendo il gesto di Michele come un invito, rimando alla mia prossima, vicina, visita, la riflessione più attenta su questo pezzo della storia che Castel sant’Angelo raffigura.
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